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Terapia genica contro epilessia, funziona su topi

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Terapia genica contro epilessia, funziona su topi

Un approccio semplice ed innocuo di terapia genica messo a punto in Italia potrebbe in futuro diventare la cura per quei pazienti epilittici che non rispondono ai normali trattamenti farmacologici e che oggi possono sperare solo in un intervento chirurgico di rimozione delle 'aree' cerebrali responsabili delle convulsioni.
La terapia genica anti-epilessia, che consiste nell'iniettare nel cervello il gene che produce una sostanza che protegge le cellule nervose, deriva dalle ricerche dell'equipe di Annamaria Vezzani del Dipartimento di Neuroscienze dell'Istituto Mario Negri, insieme con i colleghi dell'Universita' di Auckland in NuovaZelanda e dell'Universita' di Innsbruck in Austria.
Gli scienziati l'hanno testata con successo su topi sani cui venivano sperimentalmente indotte le convulsioni. Questi, come spiegato sulla rivista The Journal of Neuroscience, hanno mostrato riduzione drastica delle convulzioni indotte, sia di quelle piu' gravi che durano anche 30 minuti, abolite del tutto, sia di quelle meno gravi, ridotte del 75%.
''Non siamo ancora vicinissimi ai test sull'uomo - ha precisato la Vezzani in un intervento - per confermare l'efficacia di questa terapia servono almeno altri due anni di studi sui topi e poi si passera' ai primati. Ma forse - ha aggiunto - si potra' saltare anche qualche passaggio per arrivare alle sperimentazioni sull'uomo dato che sono gia' in corso le prove di tossicita' del trattamento''.
Il gene iniettato nel cervello dei topolini e' quello che serve a produrre il neuropeptide Y di cui, in dieci anni di studi all'istituto milanese, i ricercatori hanno evidenziato il ruolo neuroprotettivo nel sistema nervoso di soggetti epilettici.
Gli scienziati hanno pensato di copiare i sistemi di autoprotezione dell'organismo rafforzandoli con un 'aiutino' dall'esterno. Cosi' hanno usato il Dna di un virus della famiglia del raffreddore (adenovirus) per farne dei vettori virali. Vi hanno inserito il gene per il neuropeptide Y ed hanno fatto un'unica iniezione in punti precisi del cervello di roditori. ''Questo vettore e' totalmente innocuo - ha sottolineato la Vezzani - perche' compie il suo dovere senza integrarsi nel Dna umano quindi non puo' avere alcun effetto incontrollato, cosa che esclude la formazione di mutazioni a carico del nostro patrimonio genetico''.
A due settimane dall'iniezione il gene funziona a pieno ritmo producendo buone quantita' di neuropeptide Y, inoltre rimane attivo fino a 12 mesi dal'iniezione cosa che per l'uomo poterebbe significare vari anni. Inducendo un attacco epilettico dopo l'iniezione i topi risultano quasi completamente protetti da questo surplus di neuropeptide Y.
''Adesso stiamo gia' lavorando a uno studio di conferma - ha precisato la ricercatrice - perche' dobbiamo vedere se il neuropeptide Y protegge anche animali malati, cioe' che hanno gia' avuto crisi prima dell'iniezione, e parallelamente a studi di miglioramento del vettore con l'inserimento di un interruttore d'emergenza per spegnere il gene in caso di bisogno''.
In Italia l'1% della popolazione soffre di epilessia, di questi il 30% non trae alcun giovamento dai farmaci oggi in commercio e per ridurre gli attacchi o quantomeno per diventare farmaco-sensibile deve essere operato. Il gene per il neuropeptide Y potrebbe essere l'alternativa futura all'intervento chirurgico.
''Per le future sperimentazioni sull'uomo siamo gia' in contatto con neuropsichiatri americani in vari centri di ricerca, tra cui a Cleveland, interessati a questo lavoro - ha concluso la Vezzani - intanto abbiamo anche inidividuato altre molecole neuroprotettive come l'antagonista dell'interleuchina 1, da usare con la stessa strategia del vettore virale''.

Un'arma 'made in Italy' per ridurre il rischio di attacchi epilettici. Grazie all'ingegneria genetica i ricercatori dell'Istituto Mario Negri di Milano sono riusciti ad aumentare nel cervello la produzione di una sostanza che, nei ratti, ha tagliato del 75% gli attacchi. Lo studio, condotto in collaborazione con le universita' di Auckland (Nuova Zelanda) e Innsbruck (Austria), e' pubblicato sulla rivista The Journal of Neuroscience. Il gene che codifica per il neuropeptide Y e' stato sostituito al patrimonio genetico di virus non patogeni iniettati poi nell'ippocampo di ratti. Dopo alcune settimane, il cervello degli animali aveva prodotto quantita' considerevoli di neuropeptide Y. Una sostanza che ha ridotto del 75% il numero di convulsioni negli animali epilettici. L'utilizzo di virus come 'trasportatori' di geni nel sistema nervoso centrale - si legge in una nota dell'istituto - e' una delle tecniche piu' utilizzate dai ricercatori. Queste procedure non sono ancora 'pronte' per l'uso su esseri umani, ma il successo dell'esperimento e' un passo avanti importante per il possibile sviluppo di un nuovo approccio nel trattamento dell'epilessia farmacoresistente. Per la dottoressa Annamaria Vezzani, del Dipartimento di Neuroscienze dell'Istituto Mario Negri ''e' sorprendente la durata dell'efficacia antiepilettica del gene. Lo studio - conclude - potrebbe suggerire nuovi approcci per quei malati su cui i farmaci non hanno effetto, e per i quali l'unica alternativa sarebbe quella dell'intervento chirurgico''.
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